Vivendi e Mediaset ai ferri corti: il Biscione minaccia la causa

Dopo il dietrofront di Vivendi Mediaset si trova davanti ad un’importante scelta strategica; qual è la strada migliore da intraprendere?
Un rosso di circa 64 milioni accumulato da Mediaset Premium nei primi tre mesi dell’anno: questo è il pomo della discordia, definito molto più diplomaticamente “un diverso approccio ai numeri” dai francesi di Vivendi. E mentre da Cologno alzano già la voce, sostenendo che non vi siano altre trattative in svolgimento e definendo “gravissimo” il comportamento dei bretoni (minacciando anche il ricorso a vie legali, vista la natura vincolante del contratto di aprile), l’a.d. di Vivendi Arnaud de Puyfontaine, sembra eccessivamente fiducioso e tranquillo; “non esiste un accordo completo ma abbiamo definito un nuovo approccio con ancora più ambizioni” ha dichiarato Puyfontaine da Milano, dicendosi “ottimista” riguardo alla valutazione da parte del Biscione della nuova proposta. A guardare i conti di Premium, in ogni caso, il cambio di direzione non può in effetti sorprendere più di tanto (non più di quanto potesse sorprendere la decisione di acquisire la pay tv); il 2015, come noto, si è chiuso con un rosso di 83,9 mln e, come già detto, i primi tre mesi dell’anno hanno già prodotto perdite per 63,7 mln e questo nonostante i ricavi, nel medesimo periodo, siano cresciuti del. 16,5%. Tuttavia, c’è anche il sospetto (avanzato dalla stessa Mediaset) che Vivendi abbia l’obiettivo “di costituirsi in modo surrettizio e inaccettabile una posizione di estremo rilievo nell’azionariato di Mediaset”; al di là delle pesanti accuse del Biscione (che forse sarebbe il caso di mantenere su toni più bassi) l’ipotesi non è certo così strampalata per via della possibilità, da tempo chiacchierata dagli analisti del settore, di una fusione fra Telecom e Mediaset, verso la quale lo stesso Puyfontaine si è detto “aperto”, anche se per il momento “non c’è nulla sul tavolo”. Adesso Mediaset ha tre possibili strade da percorrere, ognuna delle quali comporta dei costi da non sottovalutare; da un lato, potrebbe mollare il colpo, accettando la proposta di Vivendi di cedere in tre anni il 15% di Mediaset attraverso un prestito obbligazionario. L’attuazione richiederebbe, in primo luogo, l’emissione di nuove azioni e la conseguente diluizione delle quote della famiglia Berlusconi: il rischio sarebbe di lasciare che Bolloré prenda troppo piede in Mediaset fino a sfuggire di mano, come già accaduto per Telecom; inoltre, circa il 60% di Premium rimarrebbe in mano a loro, con il risultato di perdere terreno sul business del gruppo che rende e funziona, rimanendo Al contempo incastrati in quello fallimentare, cioè la tv pay. D’altro canto, anche gonfiare il petto rischia di essere controproducente: trascinare Vivendi in una causa legale per costringerli a rispettare il contratto di aprile non soltanto sarebbe enormemente costoso, ma brucerebbe i rapporti presenti e futuri fra le due società e, se la controllata Ei Tower è davvero interessata a mettere le mani sugli asset di Inwit (che fa capo a Telecom), forse sarebbe preferibile tutelare tali rapporti per il futuro. Terza possibilità, sarebbe quella di ingoiare il rospo e sedersi al tavolo per discutere la proposta e, probabilmente, vista che è l’unica opzione che non prevede a priori ritorsioni negative, è per questo che Puyfontaine sembra (per il momento) dormire sonni tranquilli. (E.V. per NL)

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